Ci si affretta con orgoglio a titolare nei giornali che abbiamo il primo ministro di colore. E indovina di cosa si occuperà il nostro ministro di colore? Di integrazione.
Con tutto il rispetto per il nuovo ministro a cui auguro un buon lavoro, credo che la prima cosa da consigliarle è quella di togliersi l'etichetta. Di togliersi dalla quota. Quella di: donna, immigrata e di colore. E' difficile lo so, ma è un consiglio che voglio dare vivamente a te, cara Cécile. Perché non sono queste le caratteristiche per aprire le porte a un Ministero e soprattutto all'integrazione in Italia. E' già imbarazzante ancora nel 2013 parlare di governo che finalmente apre alle donne. Mentre dovrebbe essere la normalità aprire le porte alle donne per le loro capacità e non per coprire una quota. Che ora ci si metta anche il colore e la provenienza francamente mi fa tristezza, perché è il segno che siamo ancora lontani dalla vera integrazione. Ma lontani anni luce. Dico: se proprio si voleva dare un segnale di integrazione, forse a Cécile o a Khalid Chaouqi o altri che sono ormai catalogati come i nuovi italiani, si poteva dare un ministero dell'Ambiente o del Turismo o chessò… Sapranno questi "nuovi italiani" fare altro che gli immigrati? Mi piace pensare di sì. Mi piace sperare di sì. Qualcuno in Francia, per esempio, ha scelto come portavoce una certa Najat Vallaud-Belkacem come portavoce del Governo e ministro per i diritti delle donne. Ma c'è anche George Pau-Langevin, come ministro dell' Educazione, così come tanti altri. Non perché siano donne o perché siano di origine straniera. Forse perché sono capaci e competenti. Una nuova generazione francese con una storia e una professionalità alle spalle. Messi in posti chiave non per coprire quote di bandiere nel mondo ma competenze varie. Ecco, mi piacerebbe questo dalla mia Italia. Se si vuole fare i francesi, forse siamo partiti da troppo lontano. Lì c'è la République Française qui mi pare che siamo ancora a quella delle figurine.