Ormai arrivano a centinaia, un vero e proprio esodo che non si fermerà a breve. Ma è un esodo che non nasce oggi, anche se noi abbiamo pensato di poter innalzare frontiere invalicabili. Muri che servissero a noi, per non vedere e non sentire le grida della disperazione. Ma che poi continuano a rivelarsi inutili, nella loro fragilità davanti a un fenomeno epocale, che non si ferma e non si fermerà.
Muri che servivano a non prenderci la responsabilità di agire con una politica pragmatica, fuori dalle ideologie, che investa davvero nei Paesi di provenienza e di transito. Che faccia accordi con quei Paesi, che promuova cooperazione, che promuova progetti, imprenditoria, lavoro, nella concezione di un Mediterraneo come opportunità di sviluppo, e non come frontiera da chiudere. Una politica, infine, che scommetta sulle democrazie, senza aspettare la primavera araba, che abbia una visione nel futuro.
Oggi un lavoro remunerato con briciole continua a obbligare migliaia di immigrati a venir da noi per svolgere lo stesso mestiere. Emigrare per avere dignità. Ma questa è solo una parte della storia, perchè molti non solo scappano per sopravvivere con un lavoro dignitoso, ma anche dalla guerra dei carri armati, e quella della fame e della siccità che divora tutto.
Quel che accade dall'altra parte del Mediterraneo, va capito davvero, è affar nostro. E non basta appoggiarsi al dittatore di turno, come è accaduto con Gheddafi, per sperare di mettere fine all'emigrazione dai drammi africani. Si sono commessi gravi errori e mai come oggi quel che succede e succederà dalla sponda Sud del mediterraneo ci coinvolge in prima persona.
Siamo stati in ritardo nel prevedere il rovescio dei dittatori, e nello stesso tempo siamo drammaticamente impreparati nel gestire questa emergenza umanitaria che dal 1994 secondo i dati Fortress Europe «ha ucciso nel Canale di Sicilia almeno 5.962 persone, lungo le rotte che vanno dalla Libia (da Zuwarah, Tripoli e Misratah), dalla Tunisia (da Sousse, Chebba e Mahdia) e dall'Egitto (in particolare la zona di Alessandria) verso le isole di Lampedusa, Pantelleria, Malta e la costa sud orientale della Sicilia, ma anche dall'Egitto e dalla Turchia alla Calabria». Più della metà (4.547) sono disperse. E il 2011 è l'anno più negativo: dall'inizio dell'anno, tra morti e dispersi, sono scomparse nel Canale di Sicilia almeno 1.674 persone, 239 morti al mese, 8 al giorno: un'ecatombe. Il dato è aggiornato al primo agosto 2011. E non tiene conto di tutti i naufragi fantasma, di cui non sapremo mai niente.
In questi mesi il vecchio amico, il colonnello libico è diventato il peggior nemico. Lo aveva promesso e così è stato. Tra le armi della sua guerra sono gli immigrati che ci buttano in faccia drammaticamente il nostro fallimento nel gestire politicamente e umanamente il tema immigrazione. Pare che il viaggio sia anche gratis, paga il regime. Una vera nemesi per le nostre politiche. Con migranti che vengono forzati a salire nelle carrette. Le nuove armi sono i martiri della nostra incapacità di fare una politica che sia giusta e utile, a noi come agli altri.