«La violenza che ci troviamo ad affrontare è senza precedenti perché è nuova ed è in crescita».
Hosni parla velocemente al telefono, dal focolaio intrareligioso che è diventata Alessandria d'Egitto. Il nuovo covo dei fondamentalisti islamici dove non a caso si è aperto il 2011 con un attentato. Un'autobomba dinanzi ad una chiesa copta. La chiesa dei santi (Al- Qiddisine) nel quartiere Sidi Bishr.
Cosa sta succedendo? «Succede che il fondamentalismo avanza, senza lasciare spazio alla convivenza che ci ha distinto. Non ci sentiamo sicuri. E non da chi ci sta vicino, dai musulmani con cui siamo nati e cresciuti, ma da chi da lontano vuole colpirci e sta facendo il lavaggio del cervello a questi terroristi di nuova generazione. Ieri notte dopo l'attentato non eravamo più tutti egiziani. Ma eravamo nemici. Gli uni contro gli altri. Ancora una volta musulmani contro copti. È un'altra ferita difficile da chiudere, scatenerà la paura e la sfiducia. E noi saremo minoranza più sola».
Hosni parla in fretta, ma nelle sue poche frasi testimonia lo stato d'animo di un copto in un paese divorato dal fondamentalismo. Descrive il suo presente e il suo futuro in uno stato che è dilaniato sempre più da terrorismi di vario genere, interni o esterni che siano, dalla povertà e da una politica sempre più instabile.