Sì, anche questa volta è tutta colpa degli stranieri. Calciatori s’intende. Che invadono il campionato italiano e che non lasciano lo spazio ai calciatori italiani doc, per non dire padani, portare il trofeo alla povera Italia.
Ma chi glie lo spiega al Ministro della Semplificazione che se non proprio padani, gli azzurri, anche di questo mondiale, erano proprio e solo italiani doc, a parte Camoranesi che è argentino ed Amauri, brasiliano, che gli abbiamo regalato da poco la nazionalità italiana proprio per farlo giocare in nazionale.
Quand’è che finalmente riconoscerà che anche quel Balotteli e altre promesse del calcio, se non proprio italiani doc, sono state lasciate a casa, per una mentalità ancora rigida e ancorata a radici arcaiche? Per paura o poco coraggio di guardare al di là del proprio naso? Quando si convincerà finalmernte che viviamo in un mondo globale e che grazie proprio a questo mondiale lo abbiamo percepito più che mai?
Un nuovo calcio globale, senza grandi sorprese, strategie e nuovi schemi, ci ha fatto capire cosa s’intende sul vivere ai tempi della globalizzazione. Possiamo giocare tutti con gli stessi strumenti se ne abbiamo le possibilità, che tu sia nigeriano o giapponese. Siamo tutti maledettamente più vicini, volenti o nolenti. È questa la nostra sfida.
Tuttavia, un primato a livello europeo in questo mondiale lo abbiamo avuto: nonostante in Italia si gridi all’invasione dello straniero, nonostante sia al 7° posto per presenza straniera con 5milioni di stranieri (in linea con la media UE) è riuscita a non portare in campo un numero significativo di giocatori un pochino “ abbronzati”.
Questo mondiale ci deve insegnare molto, e non solo sulle strategie da mettere in campo. C’è qualcosa di molto più profondo: su come ci percepiamo e ci vogliamo vedere in futuro come italiani. È la fine di un ciclo che dobbiamo iniziare a valutare e ad accettare, se vogliamo credere in un nuovo inizio.